Il potere oscuro dei filtri

Un regalo avvelenato?

Non ricordo esattamente a chi avrei voluto assomigliare quando avevo 12 anni. Sicuramente, non a una dodicenne. Se avessi avuto la possibilità di realizzare il mio desiderio, l’avrei colta? Certo che sì. Per questo motivo, empatizzo molto con le ragazzine e i ragazzini (ma sono soprattutto le femmine) che non riescono più a fare a meno dei filtri di realtà aumentata ogni volta in cui appaiono, in foto o in video, su una piattaforma social.

Quando, una decina di anni fa, si iniziava a sentir parlare in Italia di realtà aumentata, le applicazioni prospettate erano grandiose: dal cambiare l’arredo di casa propria prima di acquistare i mobili, alla simulazione di operazioni chirurgiche ad alto rischio, ai viaggi spaziali… Non si pensava che la realtà (quella “vera”) sarebbe stata fagocitata dai filtri bellezza: programmini che fanno sembrare gli zigomi più prominenti, snelliscono il girovita, rendono i capelli più folti, uniformano l’incarnato e chi più ne ha più ne metta.

Il risultato è che gli utilizzatori del TikTok, Instagram o Facebook di turno cercano di cambiare i propri connotati per rifarsi a quella che percepiscono essere “la norma” – che ben presto diventa anche la normalità. Con le parole della diciannovenne Veronica: “Se qualcuno si ritrae sempre con lo stesso filtro, rispettando tutti gli standard di bellezza, e così acquista follower e guadagna un sacco di soldi… Non capisco se è un genio, o se è una cosa terribile”.

Come racconta Tate Ryan-Mosley in questo dettagliato articolo scritto per la MIT Technology Review, i numeri relativi all’andamento dell’uso di filtri bellezza sono strabilianti, e diventano decisamente inquietanti non appena pensiamo al fatto che gli e le adolescenti ormai non riescono più a farne a meno. E in un periodo storico come questo che stiamo vivendo, in cui i vari lockdown costringono i ragazzi a vivere rinchiusi tra le mura di casa e i rapporti con amici e compagni sono per lo più ristretti a interazioni sui vari social, la discrasia percepita tra le immagini digitali filtrate e la propria immagine reale non può che aumentare vertiginosamente. 😢

SapEvatelo
👉Non è una novità: il nostro feed di Instagram o di Facebook non rappresenta la nostra vita, ma soltanto ciò che abbiamo scelto di mostrare agli altri, tipicamente sotto una luce favorevole (e se non è favorevole, non lo è studiatamente). Ma gli adolescenti, senza nessun aiuto – anzi: con l’aggiunta della complicazione prodotta dai filtri – sono davvero in grado di capire la differenza tra realtà e mise en scene?