Sangue mestruale in salute e in malattia

Oggi vi parlo di un argomento “scomodo” che per molti (e il maschile generico*, così come quello sovraesteso* qui sono intenzionali) di voi che leggete, quale che sia il vostro sesso biologico, potrebbe trattarsi addirittura di un tabù. Mi riferisco, udite udite, al sangue mestruale. Non è un caso, dopotutto, se la parola tabù entrò nella lingua inglese (nelle forme taboo e tabooed, con il significato di «vietato», «proibito») a fine Settecento, quando il capitano James Cook notò che in Polinesia le figure dei capi e dei sacerdoti più importanti erano circondate da un complesso insieme di proibizioni che riguardavano pratiche, luoghi e, soprattutto, il corpo: erano infatti tabù i cadaveri, lo sperma e, ovviamente, il sangue mestruale. Ma procediamo con ordine.

Qualche giorno fa sono andata alla sede mobile dell’Avis per donare il sangue, cosa che faccio un paio di volte all’anno (anche perché, essendo donna non ancora in menopausa, il limite massimo è quello). Uno dei vantaggi offerti ai donatori, oltre alla colazione gratis, è la possibilità di avere i risultati degli esami di routine che sono condotti sul sangue donato: se pensate che un’ampia percentuale – alcune stime parlano di oltre il 70% – delle decisioni mediche prese su un individuo si basa sui risultati dei suoi esami del sangue, averne di aggiornati, svolti da un laboratorio all’avanguardia, e del tutto gratuiti, non è roba da poco.

A proposito di esami del sangue, mentre cercavo di pensare ad altro – perché gli aghi infilati nelle braccia mi fanno una certa impressione -, mi è tornato in mente un articolo uscito qualche tempo fa sul magazine Undark in cui la giornalista Emma Yasinski raccontava le storie di alcune ricercatrici che stanno studiando una possibile alternativa ai prelievi ematici tradizionali per ottenere, tanto per fare un esempio, i livelli di colesterolo o individuare la presenza di papilloma virus, e avere altre indicazioni sul nostro stato di salute.

Avrete ormai capito dove sto andando a parare: il sangue mestruale, che le donne producono naturalmente per buona parte della propria esistenza e potrebbero prelevare in perfetta autonomia nella privacy della propria casa (una volta stabilito un protocollo per standardizzare la procedura), è un potenziale marcatore diagnostico di alcune forme di diabete o di esposizione a certe sostanze tossiche, per non parlare di numerose malattie ginecologiche, come l’endometriosi (se non sapete che cos’è l’endometriosi, vi consiglio questo articolo del Ministero della Salute, oppure – più lunghetto ma decisamente più stimolante – leggetevi Parlarne tra amici di Sally Rooney).

Ma nel mondo sono ancora veramente poche le scienziate (per non parlare degli scienziati) che studiano il sangue mestruale, e per farvi capire fino a che punto anche nel mondo dei professionisti della medicina si tratti ancora oggi di un tabù, così come lo era per le tribù di Tonga nel XVIII secolo, riporto un aneddoto raccontato da una delle ricercatrici intervistate, che quando iniziò a occuparsi di sangue mestruale, durante la specializzazione in medicina, sentì un altro specializzando commentare che si trattava di un soggetto di ricerca “schifoso”. E sapete di che cosa si occupava, costui? Di studiare le feci umane.


*Il maschile generico indica l’uso del maschile grammaticale per indicare individui sia di sesso maschile sia femminile, mentre il maschile sovraesteso è il fenomeno linguistico secondo cui tra parole maschili e femminili l’accordo grammaticale è al maschile. Due esempi: gli italiani amano mangiare gli spaghetti (e le italiane? preferiscono i maccheroni?); i bambini e le bambine sono pregati di stare in silenzio (ma quindi le bambine possono fare caciara, oppure no?).
Maschile generico e sovraesteso sono grammaticalmente corretti, ma non piacciono a tutti (né a tutte). Negli ultimi anni sono state proposte numerose alternative, che in alcuni casi vorrebbero essere inclusive anche nei confronti della comunità LGBT+.
Se volete farvi una cultura in merito, consiglio per esempio questa voce dell’Enciclopedia Treccani oppure il recente libretto di Andrea De Benedetti Così non schwa (Einaudi, 2022), che stiamo leggendo per il gruppo di lettura che organizzo insieme a Pilar Pancella, Il fior di farina.

Immagine di copertina di ANIRUDH via Unsplash