Donne e matematica

Un binomio possibile

Confesso che neanche io lo sapevo finché non ho aperto Instagram alla ricerca di video di gattini durante la pausa caffè, ma oggi, 12 maggio, è la giornata internazionale delle donne in matematica. La scelta di questa data è legata al compleanno di Maryam Mirzakhani: la prima donna vincitrice della medaglia Fields (da molti soprannominata il “Nobel per la matematica”), scomparsa prematuramente nel 2017 a soli quarant’anni.

Il fatto che una donna vincesse la medaglia Fields, nel 2014, causò notevole scalpore – donne e matematica? ma quando mai! – pari a quello suscitato qualche anno dopo dall’assegnazione di un’altra prestigiosa onorificenza, questa volta il Premio Abel, alla professoressa Karen Keskulla Uhlenbeck. Un po’ – mi viene da commentare – come se le donne “brave in matematica” fossero gemme preziose di sconcertante rarità.

Peccato che la presunta inferiorità delle capacità cognitive della donna rispetto all’uomo sia stata ormai da tempo scientificamente confutata su tutta la linea. Come racconto nel mio libro L’impossibile mappa del cervello (Trèfoglie 2021), a dirla tutta è stato confutato anche che esista una differenza tra cervello maschile e femminile che vada al di là dei meri dati biologici – per esempio quelli legati agli ormoni.

Eppure basta guardarsi intorno per constatare che persiste ancora con notevole pervasività il luogo comune secondo cui le donne non sarebbero inclini al pensiero astratto, ma maggiormente portate ad attività concrete, di utilità sociale, che hanno a che fare con le lingue o con l’insegnamento. Quando frequentavo l’università (nei primi anni 2000), il corso di laurea in matematica era a fortissima componente femminile, ma quasi nessuna ragazza continuava a studiare facendo un dottorato: a differenza dei colleghi maschi, praticamente tutte le ragazze, una volta laureate, cercavano subito di entrare nel mondo della scuola – e io mi chiedevo il perché. Oggi forse lo so.

Con questo non sto dicendo che le donne sono tutte brave in matematica, anzi. Così come non lo sono tutti gli uomini. Il mio ex-fidanzato attuale-marito, per esempio, è una vera capra. Ma ci sono donne, probabilmente molte donne, che se soltanto avessero la possibilità di cimentarsi nella matematica fin da giovani, senza il fardello dei pregiudizi altrui (e spesso anche propri), potrebbero diventare matematiche (e più in generale scienziate) di alto livello.

Diciamo che con tutto il battage mediatico di questi giorni legato alle notizie di molestie durante il raduno degli alpini a Rimini (qui un’analisi in merito comparsa sul magazine Valigia Blu) mi sembrava importante ricordare che gli abusi sulle donne (e non soltanto) possono essere di tanti tipi diversi: a volte coinvolgono il corpo, altre volte riguardano le capacità intellettuali. In ogni caso, è fondamentale combattere sempre contro tutti quelli in cui incappiamo anche soltanto di sfuggita, con le armi migliori che abbiamo a disposizione.

La mia è l’informazione, motivo per cui vi ripropongo una storia di scienza che ho scritto qualche tempo fa su Émilie du Châtelet, figura straordinaria di matematica, traduttrice di Newton e femminista ante litteram di cui parlerò a breve anche in una puntata del podcast Bilster. Quindi stavolta è proprio il caso di scriverlo: stay tuned!