Una, nessuna, centomila intelligenze

Un preambolo necessario a qualsiasi discorso sull’intelligenza artificiale

Qualche tempo fa sono stata invitata a parlare, anzi, a fare il primo intervento in un convegno dedicato a limiti e opportunità dell’intelligenza artificiale, che si è tenuto nella graziosa cittadina di Sarzana (SP) il 9 marzo 2024.

A parte la tremarella che mi perseguita quando devo parlare in pubblico, per quanto negli ultimi anni l’abitudine e l’età ormai non proprio più giovanissima abbiano fatto dei miracoli – se non credete che sia migliorata, chiedete a chi era presente alla mia prima volta, quando mi sono fatta convincere a candidarmi come rappresentante di istituto in terza liceo classico e ho dovuto spiegare a un pubblico di adolescenti che per noi della lista era molto importante convincere il preside a installare nei bagni un distributore di assorbenti igienici – la prima domanda che mi sono fatta è stata: ma sono davvero sicura che tutte le persone presenti abbiano davvero idea di che cosa si parla quando si parla di intelligenza?

Il termine “artificiale” non credo ponga particolari problemi: è contrapposto a naturale, a biologico; si riferisce alle macchine – qualsiasi cosa questo voglia dire. Ma l’intelligenza? Siete sicure e sicuri, voi che leggete, di sapere che cosa si intende per intelligenza?

Be’, la realtà è che neanche chi la studia per mestiere, l’intelligenza, ha mai messo insieme una definizione che fosse condivisa da tutta la comunità scientifica. Il fatto è che racchiudere una caratteristica così multisfaccettata in una definizione è davvero un’impresa ardua, se non forse addirittura impossibile.

Pensiamo al mondo animale. Ci sono intelligenze collettive come quelle di api e formiche, le cui società sono divise in caste (operaie, soldati e via di seguito) e ciascuna casta ha funzioni specifiche che richiedono lo svolgimento di compiti anche molto complessi.

Ci sono intelligenze inaspettate, come quella del pulcino, che fin da piccolissimo è capace a contare fino a quattro. E se vi sembra che sia una cosa banale, dovreste sapere che i “cuccioli” di Homo sapiens fino a circa un anno di età riescono a contare soltanto fino a tre, quindi almeno sotto questo aspetto pulcino batte bambino 4-3.

Che dire poi delle dimensioni? Contano, quando si parla di cervello e intelligenza? Pensate che, facendo una media veramente grossolana e che lascia un po’ il tempo che trova, ma serve per avere un ordine di grandezza, il cervello di un essere umano pesa intorno al chilo e mezzo. Per contro, quello di un elefante arriva a quasi cinque chili, e quello di certe balene addirittura a venti! Sono più intelligenti di me che scrivo e di voi che leggete, questi animali?

Esistono anche animali che hanno un cervello molto diverso dal nostro il quale, ciò nonostante, mostra di saper svolgere molto bene certi compiti. È il caso per esempio del polpo – sì, si scrive polpo e non polipo, come mi è capitato invece di leggere sui menù dei ristoranti di mezza Italia. Il sistema nervoso del polpo è per così dire decentralizzato e la maggior parte dei suoi neuroni non è localizzata nella testa, quanto nelle braccia. Anche qui vi stupisco, forse: sono braccia, non tentacoli. Ad ogni modo, i polpi mostrano di saper eseguire compiti anche molto complessi come, per esempio, svitare dei barattoli. Riescono persino a fare una cosa che a me riesce quasi impossibile, ossia svitare tappi con la cosiddetta chiusura “di sicurezza” in cui, oltre a girare, devi contemporaneamente spingere il tappo verso il basso. Certo, magari loro sono invogliati dal fatto che dentro il barattolo c’è una preda succulenta, mentre a me di solito succede di dover fare questa cosa difficilissima quando mi tocca prendere una medicina dal sapore disgustoso…

Polpi a parte, possiamo anche ampliare lo sguardo e, dal mondo animale, estenderlo a quello vegetale: ha senso parlare, come fanno sempre più persone che studiano questi argomenti, di intelligenza delle piante?

In realtà già Charles Darwin si era posto il problema, concludendo che: sì, le piante hanno forme di intelligenza adattativa. Oggi sappiamo che questi organismi così diversi da noi hanno la capacità di comunicare tra loro, di difendersi da attacchi esterni e via di seguito. Tuttavia, ripeto la domanda: si può parlare di intelligenza, secondo voi? Se fate fatica a rispondere, non preoccupatevi: l’intelligenza delle piante è oggetto di un dibattito molto, molto acceso tra gli esponenti della comunità scientifica, quindi siete in buona, anzi eccellente ed espertissima compagnia.

E per quanto riguarda noi esseri umani, nello specifico? Be’, a seconda delle teorie, il cuore dell’intelligenza umana risiederebbe nella nostra capacità di provare empatia, di avere la cosiddetta “teoria della mente”, ossia il fatto che sappiamo naturalmente metterci nei panni delle altre persone. Secondo altre teorie, l’intelligenza umana sarebbe racchiusa nella capacità di usare strumenti per fabbricare altri strumenti: ci sono altre specie animali che usano strumenti, per esempio un ramoscello per aiutarsi ad acciuffare le prede, ma nessuna che prenda un ramoscello, un filo d’erba e un sasso, li metta insieme e si costruisca un martello. E che dire poi del linguaggio?

Proprio di linguaggio ho parlato durante il mio intervento, e di come le macchine che imitano i nostri comportamenti arrivano a imitare persino questa capacità così rappresentativa di noi esseri umani. 

Foto di copertina di Eric Krull su Unsplash

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